Lo stigma verso l’obesità e la chirurgia bariatrica

Negli ultimi anni diverse ricerche hanno investigato lo stigma nei confronti dell’obesità e gli effetti negativi che può avere sulla salute fisica, psicologica e sociale di chi lo subisce.
Nonostante l’obesità sia stata riconosciuta come una malattia  la persona che ne è affetta è spesso considerata colpevole e artefice della sua condizione.
Questa visione negativa, stereotipata e socialmente accettata, può portare a penalizzazioni e discriminazioni nei domini di vita più importanti come, per esempio, lavoro, istruzione, relazioni interpersonali e tempo libero
È nota la difficoltà a perdere e mantenere il peso perduto nel tempo già dagli anni 50 in cui
Stunkard scrisse “Most obese persons will not stay in treatment. Of those who stay in treatment, most will not lose weight, and of those who do lose weight, most will regain it”.
La chirurgia bariatrica ha accumulato evidenza nel migliorare significativamente la qualità di vita, l’immagine corporea e il senso di autoefficacia .
Inoltre, rispetto alle terapie tradizionali della gestione dell’obesità, la chirurgia bariatrica è associata a una migliore riduzione della mortalità, diminuzione dell’incidenza di diabete, infarto del miocardio, ictus e cancro.
Per questo è necessario sensibilizzare sia all’obesità come malattia, e non colpa, sia alla chirurgia bariatrica come un intervento necessario (in determinate condizioni) e non come facile scorciatoia.
È importante sensibilizzare che l’intervento non è un’opera in un solo atto ma è uno dei tanti step verso una migliore, e duratura, qualità di vita che richiede aderenza, costanza e impegno da parte del paziente.
La lotta allo stigma ponderale passa quindi sia attraverso l’educazione dell’obesità, ma anche della chirurgia bariatrica.
La persona con obesità non può essere colpevolizzata per una malattia (che non ha scelto) e per avere cercato di curarsi (che ha scelto).
Questo non avviene per altre malattie complesse e croniche e sarebbe condannato se accadesse.
Come ricorda Rebecca Puhl “we need to fight obesity, not obese people”.

 

A cura del Dr. Daniele Di Pauli (Psicoterapeuta, P.e.S.O, Pregiudizio e Stigma verso L’Obesitá) & Andrea Formiga (Chirurgo, C.I.B.O, Chirurgia Interdisciplinare Bariatria Obesità)
 

 

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OSA: legami tra apnee notturne e obesità

Cos’è l’Apnea ostruttiva del sonno?

All’obesità sono associati disturbi come l’ipertensione, il diabete e le malattie cardiovascolari mentre meno conosciuto è l’impatto che l’eccesso di peso ha sull’apparato respiratorio.

L’apnea ostruttiva del sonno (OSA) è una patologia cronica comune che colpisce circa il 2-4% della popolazione adulta. La condizione è caratterizzata da episodi ripetuti di collasso completo o parziale delle vie aeree superiori (principalmente il tratto orofaringeo) durante il sonno, con conseguente cessazione/riduzione del flusso d’aria1. Gli eventi ostruttivi (apnoea o ipopnea) provocano un’asfissia progressiva che stimola sempre più gli sforzi respiratori contro le vie respiratorie collassate, in genere fino a quando la persona non viene risvegliata2.

La diagnosi di OSA viene effettuata attraverso diversi livelli di monitoraggio notturno dei parametri respiratori, del sonno e cardiaci (polisonnografia o poligrafia cardiaca-respiratoria notturna), volti a rilevare gli eventi ostruttivi e le seguenti variazioni nella saturazione dell’ossigeno nel sangue.

L’indice più comunemente utilizzato per definire la gravità dell’OSA è l’indice di apnea / ipopnea (AHI), calcolato come il numero di eventi ostruttivi per ora di sonno e ottenuto mediante monitoraggio cardiorespiratorio notturno3.

Cause e rischi legati all’OSA

L’OSA è multifattoriale, costituita cioè da una complessa interazione tra fattori anatomici, neuromuscolari e una predisposizione genetica alla malattia: sono inclusi la menopausa nelle donne, l’obesità e una varietà di caratteristiche cranio-facciali e orofaringee come una grande circonferenza del collo, ostruzione nasale, tonsille/adenoidi allargate, macroglossia e bassa morbidezza palato.

Nel corso degli anni, episodi ricorrenti di apnea, ipossia intermittente e frammentazione del sonno influenzano la funzione di diversi organi e sistemi, principalmente il cervello e il sistema cardiovascolare, e alterano l’equilibrio metabolico del corpo4.

La sonnolenza diurna, dovuta alla frammentazione notturna del sonno, è un sintomo chiave dell’OSA, presente in oltre l’80% dei pazienti. Inoltre, molti pazienti possono sviluppare disfunzioni cognitive e neurocomportamentali, incapacità di concentrazione, compromissione della memoria e cambiamenti dell’umore come irritabilità e depressione.

Obesità e sonno sono davvero così nemici fra di loro?

Il momento più critico per l’apparato respiratorio delle persone obese è durante il sonno. Tutti noi quando dormiamo respiriamo meno bene ma soprattutto nei soggetti che sono già affetti da patologie respiratorie croniche o che sono in sovrappeso, può avere conseguenze più o meno severe: in queste ultime infatti il grasso presente nel collo amplifica il fenomeno delle chiusura delle prime vie aeree durante il sonno, trasformandolo in una vera e propria malattia5.

L’obesità può anche causare gravi forme di insufficienza respiratoria con accumulo di anidride carbonica che possono richiedere il ricorso ad apparecchiature che aiutano meccanicamente la respirazione. Le prime manifestazioni della incapacità dei polmoni dei soggetti obesi a eliminare adeguatamente l’anidride carbonica prodotta dal nostro organismo si manifestano durante il sonno, che funziona come un amplificatore di disfunzioni ancora latenti durante la veglia.

Come vengono individuate e curate le malattie del sonno che derivano dall’obesità?

Bisogna partire da una valutazione clinica del paziente, con particolare attenzione al russamento notturno e alla ipersonnia diurna. L’esame strumentale che permette una diagnosi e una gradazione di gravità è la polisonnografia, che viene effettuata applicando un piccolo registratore con diversi sensori che valutano le variazioni della respirazione nel sonno6.

Per quanto riguarda la cura, il primo provvedimento da attuare è in genere l’utilizzo durante il sonno di un apparecchio, chiamato CPAP, che eroga una costante pressione positiva nelle vie aeree così da evitarne la ritmica chiusura durante il sonno. Ovviamente, se si tratta di pazienti obesi dovranno essere intraprese strategie di controllo della alimentazione e di implementazione di stili di vita finalizzati a un calo ponderale, fino a considerare, nelle situazioni di severa obesità refrattaria, il ricorso alla chirurgia bariatrica.

NOTE
  1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/11699234, “Sleep-disordered breathing. A view at the beginning of the new Millennium”, C. Guilleminault, SD. Quo.
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4549693/, “Obstructive sleep apnoea syndrome and its management”, L. Spicuzza, D. Caruso, G. Di Maria. 
  3. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23066376/, “Rules for scoring respiratory events in sleep: update of the 2007 AASM Manual for the Scoring of Sleep and Associated Events. Deliberations of the Sleep Apnea Definitions Task Force of the American Academy of Sleep Medicine”, RB. Berry, R. Budhiraja, DJ. Gottlieb, D. Gozal, C. Iber, VK. Kapur, CL. Marcus, R. Mehra, S. Parthasarathy, SF. Quan, S. Redline, KP. Strohl, SL. Davidson Ward, MM. Tangredi.
  4. http://www.giornaledicardiologia.it/r.php?v=566&a=6710&l=9350&f=allegati/00566_2010_06/fulltext/02_06-2010_453-459.pdf, “Legami fisiopatologici tra sindrome delle apnee ostruttive notturne e sindrome metabolica”, G. Mignai, 08/11/18.
  5. https://www.gavazzeni.it/news/lobesita-e-una-grande-nemica-del-sonno/.
  6. Ibidem.

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Diabesità: diabete e obesità

Diabete, facciamo chiarezza

Attualmente la medicina distingue tre forme di diabete mellito1:

  • Il diabete mellito di tipo 1

Un tempo chiamato diabete insulino-dipendente o diabete giovanile, riguarda il 10% dei casi di diabete e si sviluppa prevalentemente a partire dall’infanzia o dall’adolescenza.

  • Il diabete gestazionale

Per diabete gestazionale si intende un aumento dei livelli di glucosio che si manifesta o viene rilevato per la prima volta nel periodo della gravidanza. Questa condizione si verifica nel 8% nelle donne incinte. Generalmente tende a scomparire al termine della gravidanza, tuttavia, le donne che ne hanno sofferto presentano un rischio più elevato di sviluppare diabete di tipo 2 in età avanzata.

  • Il diabete mellito di tipo 2

Rappresenta la forma di diabete più comune e interessa il 90% dei casi. Si sviluppa prevalentemente a partire dai 40 anni di età e colpisce principalmente i soggetti obesi o sovrappeso.

Nel diabete mellito di tipo 2 non viene prodotta una quantità sufficiente di insulina tale da soddisfare le necessità dell’organismo (deficit di secrezione di insulina), oppure l’insulina prodotta non agisce in maniera soddisfacente (insulino resistenza). Il risultato, in entrambi i casi – che possono presentarsi separatamente oppure successivamente – è il conseguente incremento dei livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia).

L’insulino resistenza tipica dei pazienti obesi, consiste in una incapacità di alcuni organi a rispondere all’azione dell’insulina per cui il glucosio non riesce ad entrare dentro le cellule, rimanendo quindi nel sangue dove determina l’aumento della glicemia. Normalmente il pancreas cerca di superare questa resistenza producendo più insulina, ma nel tempo questa iperfunzione porta ad un suo progressivo esaurimento funzionale, per cui il pancreas produce sempre meno insulina2.

In genere, la presenza di diabete di tipo 2 può non essere rilevata per molti anni in quanto l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e non comporta sintomi particolarmente evidenti come quelli del diabete di tipo 1.

Cause e sintomi legati al diabete di tipo 2

Le cause alla base dell’insorgenza della malattia vanno generalmente ricercate in fattori ereditari ed ambientali ma anche nell’obesità e in fattori ambientali scatenanti come vita sedentaria, stress, fumo e alcool: le cellule hanno bisogno di zucchero per vivere, tanto maggiore è il numero di cellule da alimentare tanto maggiore sarà il fabbisogno di insulina. Nelle persone obese, quindi, l’insulina viene prodotta ma non in quantità sufficiente3.

Tra i sintomi più comuni troviamo la sensazione di stanchezza, sete insistente, il frequente bisogno di urinare anche nelle ore notturne, perdita di peso, lenta guarigione delle ferite, vista offuscata.

Diabesità, possibili rimedi

La stretta correlazione tra le due condizioni fa sì che la cura del sovrappeso e della sedentarietà indirettamente possa curare anche il diabete.

Focus particolare va fatto sull’alimentazione del diabetico di tipo 2, che sostanzialmente non si differenza dall’alimentazione del soggetto sano che tende all’obesità, così come all’attività motoria che rappresenta un farmaco naturale molto efficace.

Visto che nella maggior parte dei casi il diabete di tipo 2 si associa ad obesità, si pone il problema di quale tipo di sport suggerire ad un paziente con un elevato BMI. Fatte salve le considerazioni generali precedenti sulla ripartizione tra attività fisica aerobica ed anaerobica, un problema specifico in pazienti obesi sono le possibili lesioni muscolo-tendinee da pratica sportiva, soprattutto agli arti inferiori. Pertanto, è consigliabile, almeno nei periodi iniziali, l’esecuzione di sport a basso carico gravitario quali ad esempio il nuoto (assenza di carico gravitario) o la bicicletta (carico gravitario limitato al tronco), mentre la corsa è da evitare (o limitare fortemente)4.

L’apporto calorico del diabetico-obeso deve essere organizzato partendo dallo studio del metabolismo basale5 che può essere stimato con la Calorimetria Indiretta e dall’Armband (monitoraggio dello stile di vita).

Il dispendio energetico in caso di attività motoria dovrebbe invece essere di almeno il 20/30% in più rispetto al basale; le attuali linee guida delle Società Scientifiche Diabetologiche consigliano 3-4 sessioni di attività fisica aerobica di 30-45 minuti ciascuna e due sessioni di attività fisica anaerobica a settimana.

Si stima che, in assenza di interventi sullo stile di vita atti a contenere l’epidemia di obesità, nel 2045 la prevalenza della condizione nella popolazione raggiungerà l’11,7%, mentre una riduzione del 25% della prevalenza dell’obesità sarebbe in grado di mantenere la prevalenza del diabete di tipo 2 sotto la soglia del 10% corrispondente a 111 milioni di casi di malattia in meno e a un risparmio sanitario di 200 miliardi di dollari all’anno.

NOTE
  1. https://www.sicob.org/00_materiali/area_pazienti/opuscolo_informativo.pdf
  2. https://www.diabete.net/le-tipologie-di-diabete-mellito-e-il-diabete-insipido/conoscere-il-diabete/tutto-sul-diabete/30916/#insipido
  3. http://www.siditalia.it/pdf/Il%20Diabete%20in%20Italia_p.pdf, studio “Programmi di prevenzione del diabete e delle sue complicanze”, R. D’Elia, V. Mastrilli, D. Galeone, R. Guerra.
  4. Ivi, studio “Diabete, attività fisica e sport agonistico”, L. Luzi , S. Balducci, F. Strollo, P. Pipicelli, G. Corigliano.
  5. Il metabolismo basale (MB), o BMR, dall’inglese Basal Metabolic Rate, è il dispendio energetico di un organismo vivente a riposo, comprendente dunque l’energia necessaria per le funzioni metaboliche vitali (respirazione, circolazione sanguigna, digestione, attività del sistema nervoso, ecc.). Rappresenta circa il 45-75% del dispendio energetico totale nella giornata.

 

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Dietologo, nutrizionista e dietista: facciamo chiarezza

Sempre più spesso chi vuole avvicinarsi ad un percorso di dieta viene assalito da dubbi e perplessità e fa fatica a districarsi tra nutrizionisti, dietisti e dietologi: formazione e studi simili ma diverse competenze che devono essere ben chiare a chi vuole essere seguito con attenzione e professionalità.

L’obesità così come i disturbi del comportamento alimentare dovrebbe essere sempre gestite da un medico perfezionato nella diagnosi e cura dei disturbi alimentari. La persona che decide di “mettersi a dieta” dovrebbe preventivamente sapere qual è il suo stato di salute, sapere cioè se ha delle patologie che possono essere curate con una dietoterapia oppure se rappresentano delle controindicazioni alla dietoterapia stessa. Pertanto la prescrizione di una dieta dovrebbe sempre essere preceduta da una valutazione dello stato fisiopatologico.

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Obesità e rischio cardiovascolare

Rischio cardiovascolare: qualche dato

Le malattie del cuore e del sistema circolatorio (cardiovascolare o CVD) sono la principale causa di mortalità in Europa, responsabile di oltre 3,9 milioni di morti all’anno, ovvero il 45% di tutti i decessi incorsi.

Negli uomini CVD causa circa 1,8 milioni di morti l’anno, mentre nelle donne è responsabile di 2,1 milioni di morti l’anno. In confronto, il cancro rappresenta poco meno di 1,1 milioni di morti negli uomini e poco meno di 900.000 decessi nelle donne.

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